
Il Polo farmaceutico campano è in buona salute
Il polo farmaceutico campano gode di buona salute. L’industria farmaceutica ha prodotto oltre quattro miliardi di euro di esportazioni nel 2023, l’80% dell’export hi-tech e il 26% di quello manifatturiero della regione. Dati che dimostrano come «la Campania è una punta di diamante dell’industria farmaceutica nel Mezzogiorno. Lo dimostra la presenza sul territorio di aziende grandi, medie, piccole che rappresentano al meglio il made in Italy, con quello sguardo al futuro e quella creatività che da sempre contraddistinguono la nostra nazione», afferma Marcello Cattani, presidente di Farmindustria.
Si occupano del settore più di 2mila addetti diretti, un terzo del totale dell’occupazione farmaceutica del Sud Italia, e oltre 4mila considerando anche l’indotto. L’export è più che quintuplicato tra il 2018 e il 2023: +475%. Con partner commerciali a livello globale: Svizzera, Big UE, Stati Uniti, Sud Corea, Cina, Arabia Saudita.
«Le imprese farmaceutiche vogliono continuare a far crescere il Paese. Sono un cuore pulsante dell’economia e della salute. Lo dimostra l’incremento dell’export, che secondo l’Istat ha superato i 49 miliardi di euro nel 2023, con una produzione di oltre 50 miliardi. È il dato più alto di sempre, con una crescita di quasi il 3% rispetto al 2022 e di quasi il 90% negli ultimi 5 anni. Un record. Così come da record è la crescita del saldo estero, che ha raggiunto i 10,7 miliardi di euro», spiega Cattani. Napoli, poi, a livello nazionale, è al quarto posto nel 2023 nel ranking provinciale per valore dell’export farmaceutico. Sono 14 le aziende presenti in Campania, sia a capitale estero sia a capitale nazionale, che si occupano di Ricerca e Sviluppo e di produzione. Un settore strategico non solo per la salute e la sicurezza dei cittadini, ma anche per l’economia dei territori in cui le imprese farmaceutiche operano.
Entro il 2028 saranno investiti in R&S circa 1.700 miliardi di dollari e altrettanti in produzione. Prima l’investimento del gruppo multinazionale Novartis a Torre Annunziata. Ora quello di Farvima Medicinali, che all’Interporto di Nola ha inaugurato un nuovo, moderno polo logistico all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione 4.0. In entrambi i casi sono state le facilitazioni, soprattutto procedurali, garantite dalla Zes Campania a favorire l’attuazione dei progetti. Ma è significativo che ad accelerare in questa direzione sia stato il settore farmaceutico, ormai sempre più stabilmente accomunato alle quattro A (agroalimentare, automotive, aerospazio e abbigliamento-moda) su cui storicamente poggia gran parte del sistema produttivo del Mezzogiorno.
Non una sorpresa in assoluto, si potrebbe dire, considerato che il comparto ha sicuramente accresciuto i suoi volumi per effetto delle conseguenze innescate dal Covid. Ma è al Sud che certi segnali si impongono all’attenzione, senza peraltro dimenticare che qui «il farmaceutico risente, come quello del Nord Est, dell’assenza di una concentrazione di attività farmaceutiche delle dimensioni di quelle di Lombardia o Lazio», puntualizza un monitoraggio di Srm, la Società di ricerche e studi sul Mezzogiorno collegata al Gruppo Intesa Sanpaolo. «Rispetto all’Italia, infatti, la dimensione media nel Sud risulta ridotta: 45 addetti per unità locale contro gli 84 dell’Italia. Tuttavia, la filiera farmaceutica meridionale evidenzia, nel complesso, una integrazione intersettoriale ed interregionale in linea con quella tipica di altre aree del Paese».
Ma è soprattutto con i dati export che certi segnali di crescita si fanno decisamente interessanti, confermando la vitalità del settore, presente anche nei segmenti specifici di Borsa Italiana come nel caso di Svas Biosana, vivace azienda di Somma Vesuviana che distribuisce dispositivi medici. «Per effetto dei legami interregionali e di filiera, nel Mezzogiorno si calcola che 100 euro di produzione farmaceutica attivano 42 euro aggiuntivi nell’area e 529 nelle altre regioni e negli altri settori, per un impatto complessivo di 671 euro. L’impatto complessivo a livello Paese generato dalla filiera farmaceutica meridionale risulta maggiore rispetto a quello generato da una regione media italiana (402 euro). In Campania, l’impatto complessivo sale a 787 euro (54 euro nell’area e 634 euro nel resto del Paese)», si legge nell’elaborazione di Srm su dati Prometeia.
Complessivamente, la filiera farmaceutica meridionale ha un valore aggiunto di 878 milioni di euro (l’8,4% del dato nazionale), quasi 3,7 miliardi di export, 130 unità locali e 5.876 addetti, con una specializzazione produttiva del 3,1% che sale al 7,8% se si considera l’export. È la Campania, come detto, che fa registrare i numeri migliori tra le regioni dell’area. Ovvero, oltre il 30,4% del valore aggiunto della filiera meridionale e quasi il 57% delle relative esportazioni. La regione, inoltre, rappresenta il 33,8% delle unità locali meridionali ed il 31,9% degli addetti. (M.C.)
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