
Intelligenza Artificiale: quando perseverare nell’errore non è diabolico, è stupido
Nel pieno della Quarta Rivoluzione Industriale, l’Intelligenza Artificiale (IA) si impone come l’infrastruttura tecnologica centrale della trasformazione globale. Non si tratta di una semplice innovazione tra le tante, ma di un vero e proprio general-purpose technology, in grado di ridefinire in profondità modelli economici, strutture produttive, assetti sociali e persino relazioni internazionali. L’Intelligenza Artificiale, infatti, è destinata a incidere su tutti i settori: sanità, istruzione, logistica, difesa, mercati finanziari, sistemi giudiziari, etc. La capacità di dominarla, svilupparla e regolamentarla, quindi, determinerà la posizione geopolitica delle Nazioni nel XXI secolo.
In tale contesto, Stati Uniti e Cina si contendono apertamente la supremazia tecnologica, destinando risorse enormi allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale. Washington può contare su un ecosistema privato fortemente dinamico e interconnesso con le strategie pubbliche; Pechino, invece, mobilita lo Stato e il settore industriale in una direzione unitaria, finalizzata a rendere la Cina leader mondiale nell’Intelligenza artificiale entro il 2030. L’Europa, al contrario, si trova in una posizione di preoccupante marginalità, con investimenti che non superano il 5% rispetto a quelli USA.
A questa asimmetria quantitativa si aggiunge un deficit di carattere qualitativo ancora più grave: la mancanza di una strategia politica e industriale coerente. Il continente europeo soffre di una crescente frammentazione decisionale, con Stati membri che adottano approcci nazionali e disallineati, incapaci di convergere verso un’agenda comune. Tale disunità è aggravata dalla crescente influenza di movimenti populisti e sovranisti che, agitando lo spettro della perdita di sovranità, ostacolano ogni seria riforma d’integrazione e alimentano una visione miope e difensiva del cambiamento tecnologico.
Questa condizione di stallo strategico e di ritardo competitivo rappresenta un rischio esistenziale per lo sviluppo definitivo del progetto Unione Europea, come auspicato almeno nelle dichiarazioni, da tutti gli Stati che la compongono. L’Intelligenza Artificiale richiede infrastrutture adeguate, dati gestiti su larga scala, investimenti pubblici e privati massicci, cooperazione tra ricerca, industria e istituzioni. Tutti elementi che le singole Nazioni, da sole, non sono in grado di garantire. Solo un’Europa realmente integrata, capace di esercitare una sovranità tecnologica collettiva, può affrontare questa sfida. È dunque necessario superare l’attuale architettura intergovernativa dell’Unione, per costruire una governance federale delle politiche industriali, digitali e scientifiche. Ciò implica una cessione di sovranità da parte degli Stati, non come perdita, ma come scelta razionale e responsabile in nome di un interesse più alto: il futuro comune.
Il momento attuale è, in senso pienamente etimologico, critico; crisis, in greco, significa appunto “scelta” e mai come oggi tale scelta appare inderogabile. Il mondo è cambiato: la nuova fase di deglobalizzazione selettiva e protezionismo strategico, come dimostrano i dazi generalizzati del 15% imposti dagli Stati Uniti alle merci europee con punte del 50% su acciaio e alluminio, rende evidente che il vecchio ordine multilaterale non garantisce più la protezione di cui l’Europa si è avvalsa a partire dal secondo dopoguerra. Occorre diventare “adulti”, assumersi la responsabilità del proprio destino e reagire con decisione.
Insistere in scelte fallimentari, per inerzia o calcolo politico, non è più ammissibile; sbagliare una volta può essere comprensibile, ma perseverare nell’errore non diventa diabolico, diventa semplicemente stupido. È tempo, dunque, di abbandonare la retorica dell’attendismo e della prudenza sterile, per adottare politiche industriali visionarie, coordinate e ambiziose. Il futuro dell’Europa tecnologica si gioca adesso e richiede tre fondamentali qualità: lucidità, coraggio e unità.
Vediamo, ora, nel dettaglio, i fenomeni e le cause di queste gravi mancanze:
- Il ritardo europeo nell’Intelligenza Artificiale
Come appena detto, l’investimento europeo in Intelligenza Artificiale è drammaticamente inferiore rispetto ai principali concorrenti globali. Secondo i dati, gli Stati Uniti e la Cina investono rispettivamente decine e centinaia di miliardi di euro all’anno, mentre l’Europa si attesta su cifre irrisorie, rappresentando meno del 5% del totale degli investimenti degli Stati Uniti. L’Italia, in questo contesto, si colloca ancora più in basso, con scarsi investimenti pubblici e una frammentazione delle competenze tra centri di ricerca, università e industria. Le cause di questa visione limitata sono di carattere strutturale: in primo luogo, l’assenza di una governance comune e di una visione strategica europea condivisa; in secondo luogo, il forte legame tra politiche nazionali e logiche elettorali interne, che portano i governi a privilegiare il consenso a breve termine anziché politiche di investimento a lungo termine; infine, la mancanza di cultura digitale e competenze specifiche nella pubblica amministrazione e nel sistema produttivo, in particolare nelle PMI.
- Il populismo come ostacolo alla visione strategica
Il populismo, oggi dominante in molti Paesi europei, è per definizione una politica orientata all’immediatezza. Le decisioni vengono prese giorno per giorno, con l’obiettivo di rispondere al malcontento sociale ma senza una progettualità di lungo periodo. È in questo contesto che si inseriscono misure protezionistiche e reazionarie, come i dazi al 15% imposti dagli Stati Uniti anche in risposta alla debolezza strutturale dell’industria europea, che non riesce a competere nei settori ad alta tecnologia.
Questa miopia strategica è l’opposto di ciò che richiede lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale che, invece, necessita di visione, di investimenti massicci e continuativi, di una regolamentazione intelligente e di un’alleanza strutturale tra ricerca pubblica e industria. Nulla di tutto questo è compatibile con la volatilità decisionale e la frammentazione che caratterizzano oggi l’Europa.
- La lezione di Internet: un treno già perso
Si sta concretizzando di nuovo l’errore commesso con l’avvento di Internet negli anni 90 del secolo scorso. Quella rivoluzione tecnologica, che ha rappresentato un cambiamento epocale come tutti sanno, fu affrontata dall’Europa in modo disorganizzato, subendo il dominio delle Big-Tech americane e perdendo competitività nei settori chiave; le aziende europee, nel tempo, hanno visto svanire la propria centralità nei mercati globali, mentre gli ecosistemi dell’innovazione si sono spostati oltreoceano. Ma, con tutta evidenza, è chiaro che quella lezione non sia servita a molto. Oggi, con l’Intelligenza Artificiale, ci troviamo di fronte a un cambiamento di portata simile o addirittura superiore; le tecnologie di carattere generativo, le Machine learning e la robotica intelligente stanno già trasformando i processi industriali, l’organizzazione del lavoro, la sanità e la pubblica amministrazione. Ma ai nostri decisori pubblici la cosa sembra non interessare o forse siamo di fronte ad una reale incapacità di carattere cognitivo, da parte di politici poco attrezzati per capire determinate sfide, impegnati più a partecipare a sagre, feste di partito, chiringuiti, habitat naturale di alcuni politici che danno la cifra della pochezza delle classi dirigenti attuali. Comunque sia, il problema resta e continuare a sottovalutare questa trasformazione significa replicare lo stesso errore compiuto negli anni 90, con conseguenze ancora più gravi: deindustrializzazione, disoccupazione, perdita di autonomia tecnologica.
In definitiva, per non perdere anche questo secondo treno, è necessario un cambiamento radicale; la sfida consiste nell’accettare una maggiore integrazione europea, che stacchi pezzi di sovranità agli Stati membri per creare un’autorità centrale capace di decidere e investire strategicamente nel futuro. Una “sovranità tecnologica europea” non può più essere uno slogan, ma deve diventare una struttura concreta, dotata di risorse, competenze e potere decisionale.
Ciò comporta almeno tre azioni:
- Costituzione di un Fondo Sovrano Europeo per l’AI, capace di canalizzare investimenti pubblici e privati verso la ricerca e l’industria.
- Creazione di un’Agenzia Europea per l’Intelligenza Artificiale, con poteri esecutivi e coordinamento tra Stati.
- Riforma della governance europea, con una revisione dei trattati che consenta interventi federali su materie strategiche come tecnologia, difesa, industria, ambiente ed energia.
Share this content:
Commento all'articolo