
Presentazione del libro Napolitiamo di Angelo Forgione Conosciamo e impariamo a scrivere la bella lingua napoletana
Presentazione del libroNapolitiamo di Angelo Forgione Conosciamo e impariamo a scrivere la bella lingua napoletana (Magenes editoriale)
Dialoga con Angelo Forgione l’autore della prefazione, Maurizio de GiovanniModera Ilaria La MuraInterventi teatrali: Errico Liguori, in arte MasanielloIntermezzi musicali: Fabrizio Mandara (chitarra e voce)
Il napoletano, il dialetto più diffuso in ambito artistico, è a tutti gli effetti una lingua d’arte, tra le poche dialettali di reputazione internazionale. Mezzo espressivo e veicolo di alcune forme artistiche di Napoli che nessun’altra città vanta tutte insieme, dalla musica al teatro, dalla poesia al cinema, tutte in continuo rinnovamento nei secoli con la loro diffusione legata alla voce e all’espressione sonora.
Lingua romanza come l’italiano, figlia del latino non scritto ma parlato, ma allo stesso tempo porosa come l’intera cultura partenopea, in cui ne convivono armoniosamente diverse altre. Idioma con una storia legata a specifici fattori politici e culturali che hanno esercitato la loro azione nel corso dei secoli, in una città che nel periodo della “questione della lingua”, dal Cinquecento all’Ottocento unitario d’Italia, è stata la più affollata e dinamica dello Stivale, con gran divario rispetto al cuore di un volgare, il tosco-fiorentino, che proprio in quei secoli ha fatto più carriera degli altri, divenendo la lingua di tutti gli italiani. E non poteva che riscattarsi, senza neanche imporselo, da una sua plurisecolare indolenza linguistica.
In un’epoca in cui, anche grazie alla resilienza novecentesca del napoletano, non c’è più traccia di quel contrasto ai dialetti operato soprattutto negli anni del miracolo economico italiano, il problema della lingua di Napoli non sta nel preservarne l’uso orale ma nel proteggerne la scrittura dalla mancanza di uno standard riconosciuto, problema che, con l’esplosione della scrittura digitale, ha fatto proliferare una barbara ortografia “fai-da-te” e un eccesso di libertà nel trascriverla a proprio piacimento. Una discrezionalità licenziosa che sposta una lingua d’arte nel recinto dei semplici dialetti e le fa correre il rischio di perdere delittuosamente il suo prestigio letterario, esattamente quello che viene riconosciuto a quei pochi dialetti non solo parlati ma anche scritti a livello autoriale.
Napolitiamo di Angelo Forgione si divide in due parti: una storica e una didattica.
La parte storica è frutto di una rigorosa ricostruzione dell’evoluzione nei secoli dell’idioma partenopeo, anche in relazione all’affermazione della koinè italiana, e quindi del percorso linguistico di Napoli rispetto a Firenze.
La parte didattica è di fatto un completo prontuario per l’assimilazione di un’ortografia napoletana corretta, non perché regolamentare ma perché regolare; chiaro, fruibile e senza eccessivi tecnicismi linguistici, a supporto e beneficio di coloro che vogliano minimamente padroneggiare la scrittura di una bella lingua d’arte, quella con cui Napoli, da secoli, parla al mondo.
La prefazione di Maurizio de Giovanni rafforza la necessità di porre un argine al pericolo, evidenziato dall’autore, che il napoletano, lingua sotto attacco, sta correndo nel nostro presente.
Share this content:
Commento all'articolo