
Puntare innanzitutto alla promozione della salute per gli ammalati cronici per scongiurare disabilità e decessi prematuri
“Occorre far capire che la prevenzione è un investimento e non una spesa’. Sul tema degli screening, come sottolineato dal Ministro, è necessario ‘moltiplicare gli sforzi, e aumentare la consapevolezza che bisogna prendersi cura di sé anche quando si è in salute’” ha detto Orazio Schillaci, Ministro della Salute in occasione dell’apertura della prima edizione Stati Generali della Prevenzione svoltasi a Napoli.
Costruire un sistema capace di prevedere e anticipare i bisogni di salute richiede un approccio integrato e collaborativo tra istituzioni, scienza, professionisti, società civile e privato.”
“In quest’ottica, il National Health Prevention Hub, istituito grazie al PNRR, ha precisato, tra l’altro, Mara Campitiello, Capo dipartimento della Prevenzione del Ministero della Salute, rappresenta una svolta strategica: un’infrastruttura innovativa nata per sviluppare scenari previsionali e rafforzare le politiche di prevenzione su scala nazionale.
Si tratta di un progetto basato su una visione innovativa che mira al rafforzamento dei servizi regionali e alla valorizzazione delle competenze e della ricerca. In tal senso, assume importanza puntare sullo sviluppo della sanità digitale e dell’assistenza territoriale nonché sulla crescente ottica One Health. infatti, un approccio One Health risulta essenziale per garantire la sostenibilità del nostro sistema di welfare e per migliorare la qualità della vita dei cittadini’”.
Le malattie croniche hanno un impatto significativo sulla salute e sull’assistenza sociosanitaria, in termini di morte prematura, cronicità o disabilità.
Il 70-80% delle spese sanitarie sono stanziate proprio per queste patologie, anche perché questi pazienti gravano a lungo sui servizi di cura e assistenza. I costi sanitari e il rischio di ricoveri inutili aumentano notevolmente al crescere delle comorbilità.
Morire giovani o convivere con una malattia cronica o una disabilità ha delle ripercussioni economiche, sia per le famiglie che per la società. Datori di lavoro e società devono sostenere i costi dell’assenteismo, della minore produttività e del ricambio continuo dei lavoratori. Sulle famiglie e sulla società gravano invece le spese sanitarie (dirette e indirette), la riduzione dei guadagni, il pensionamento prematuro e una maggiore necessità di assistenza sociosanitaria.
Le cure non sono sempre accessibili, disponibili o convenienti e la spesa può gettare le famiglie nell’indigenza. Considerata la tendenza alla comorbilità tra i più poveri e il potenziale numero dei farmaci necessari per una cura efficace, non c’è da meravigliarsi che sostenere una terapia a lungo termine possa rappresentare un grosso impegno. Inoltre, stigma e discriminazioni associati a malattie come il diabete e i disturbi mentali possono precludere le opportunità di lavoro e favorire l’associazione tra povertà e scarsa salute.
In Europa, il cambiamento demografico si tradurrà in ulteriori sfide economiche, sociali e di bilancio per i prossimi decenni: non solo si allunga la vita media, ma diminuiscono anche le nascite, con un potenziale calo della forza lavoro. Nell’Europa occidentale, il numero di persone di oltre 64 anni è più che raddoppiato sin dagli anni Cinquanta, mentre quello degli ultraottantenni è quadruplicato.
Sotto molti punti di vista, questo scenario può essere letto come un trionfo della sanità pubblica, ma rappresenta anche una grossa sfida per il settore sociosanitario. Nell’Unione Europea si prevede che il rapporto tra le persone al di sopra dei 65 anni, economicamente non produttive, e quelle in età lavorativa sarà più che duplicato tra il 2005 e il nel 2050. Di conseguenza, è sempre più importante che le persone restino sane e autosufficienti per il maggior tempo possibile, per evitare decessi prematuri nella popolazione lavorativa di mezza età e ritardare il più possibile il manifestarsi delle malattie.
Globalizzazione e urbanizzazione pongono altre sfide per la società. La globalizzazione è associata alla tendenza delle popolazioni a reddito medio-basso a seguire diete poco sane, molto energetiche, ricche di grassi saturi, sali e zuccheri. In molti Paesi le persone dipendono da pochi rivenditori al dettaglio per l’acquisto quotidiano di cibo, mentre i mercati locali stanno scomparendo: questa tendenza, cominciata nell’Europa occidentale, si osserva ormai anche in alcune aree dell’Europa orientale.
La crescita degli accordi commerciali, dei mercati comuni e della vendita transnazionale del tabacco e dell’alcol mina gli sforzi dei governi di esercitare un controllo effettivo sulla fornitura e sulla disponibilità.
Chi abita in città sta diventando sempre più sedentario, come dimostrano anche l’aumento del trasporto motorizzato, l’espansione urbana e la riduzione delle opportunità di attività fisica quotidiana in casa, al lavoro e a scuola. Gli ambienti che non favoriscono il movimento, combinati con un’alimentazione poco sana e l’inattività fisica, hanno serie ripercussioni per i livelli di obesità, soprattutto tra i bambini, ma anche per altre malattie croniche come il diabete.
Solo una porzione relativamente ristretta del budget del sistema sanitario è dedicata alla promozione della salute e alla prevenzione delle malattie croniche. Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), in media soltanto il 3% della spesa sanitaria totale è investita in programmi di prevenzione e di sanità pubblica nei Paesi Ocse, mentre la maggior parte è impiegata per la cura dei malati. Inoltre, le società filantropiche e gli aiuti internazionali si concentrano principalmente sulle malattie trasmissibili, distraendo l’attenzione da quelli che sono i principali responsabili del carico di malattia e dei decessi in una regione come l’Europa.
Nel vecchio continente le malattie cardiovascolari sono responsabili di un numero di decessi 46 volte maggiore e di un carico di malattia 11 volte maggiore di quello complessivo provocato da Aids, tubercolosi e malaria.
In genere, i servizi sanitari privilegiano la cura piuttosto che la prevenzione e, in termini di modelli di cura, le malattie acute rispetto a quelle croniche. Questo riduce le opportunità di prevenzione, diagnosi precoce e terapia delle malattie croniche. Il 50% dei casi di diabete rimangono non diagnosticati.
Tra i casi diagnosticati, il 50% presenta un controllo insoddisfacente del metabolismo, dei lipidi e della pressione sanguigna, sebbene sia ormai risaputo che fino all’80% dei diabetici morirà di una cardiopatia. Per alcune comuni malattie, la qualità delle cure è ancora tragicamente inadeguata e la sanità pubblica non è sempre in 7 EUR/RC56/8 grado di affrontare questa sfida.
La carenza principale riguarda l’attuazione di interventi efficaci. Per esempio, ogni anno in Europa sono 30 mila le donne che muoiono di tumore della cervice uterina, con tassi di mortalità da due a quattro volte maggiori nei Paesi dell’Europa centrale e orientale rispetto all’Europa occidentale: per evitare queste morti basterebbero una diagnosi tempestiva e cure adeguate.
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